Ormoni nei bovini: il 15% della carne contiene sostanze ille

Il mondo degli alimenti è stato ultimamente protagonista di numerose frodi ma la verità è che i tentativi, più o meno noti, di truffe inerenti ai generi alimentari rappresentano un problema costante. Uno degli aspetti più scabrosi è quello relativo all'utilizzo di sostanze illecite e ormoni vietati durante l'allevamento di bovini le cui carni saranno poi destinate al consumo umano.


Per arginare questa pratica e limitare gli effetti dannosi  sulla salute dei consumatori prodotti da tali sostanze ogni paese membro dell'UE ha un proprio piano nazionale di controllo, in Italia questo è il PNR (Piano Nazionale Residui). Il PNR è un programma di sorveglianza e di monitoraggio della presenza, negli alimenti di origine animale, di residui di sostanze chimiche che potrebbero essere dannose per la salute pubblica, disposto dal Ministero della Sanità ogni anno entro il 31 marzo. Il piano è modificabile in quanto ideato per far fronte alle esigenze che si creano nel corso del tempo a seconda delle segnalazioni provenienti dalle varie regioni. Nel PNR è presente una classificazione delle varie sostanze in 2 categorie:


A (sostanze vietate): comprende le sostanze ad effetto anabolizzante e le sostanze non autorizzate per il trattamento degli animali da reddito B (sostanze utilizzabili solo entro certi limiti): medicinali veterinari, contaminanti ambientali...

Le sostanze vengono ricercate mediante metodiche prevalentemente chimiche su campioni prelevati nelle varie fasi della produzione.


Le metodiche di indagine sono, invero, piuttosto indaginose e dispendiose, pertanto, è stato recentemente istituito un Centro di referenza nazionale per le indagini biologiche sugli anabolizzanti animali, istituito dal Ministero della salute presso l’Istituto Zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Il centro sarà deputato alla ricerca di 3 ormoni in particolare: cortisonici, steroidi sessuali e tireostatici. Il metodo del centro è quello istologico, basato sulla ricerca degli ormoni nei cosidetti organi bersaglio, organi, cioè, nei quali gli ormoni si accumulano maggiormente: il timo, le ghiandole sessuali secondarie e la tiroide. I vantaggi sono rappresentati dai costi contenuti e soprattutto dal fatto che, con questo metodo, gli ormoni sono rilevabili anche a distanza di mesi. Ovviamente, migliorando il metodo di indagine, sono aumentate anche le positività, che in Italia si aggirano intorno al 15%. Attualmente la validità del metodo è riconosciuta ma non il suo valore legale, pertanto è fortemente richiesta una modifica della normativa in proposito.


Una modifica delle leggi potrebbe, infatti, aprire la strada, oltre che al metodo istologico, anche a molte altre tipologie di indagine più rapide e meno dispendiose.


Via | informasalus.it 

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